***LA DITTATURA DELLE PROLETARIE***

PARTE V

SUI RAPPORTI TRA IL MOVIMENTO LGBTQI+ E IL NOSTRO PROGRAMMA. 

Abbiamo argomentato e dimostrato come il femminismo universale sia una grande menzogna e come le femmine borghesi sfruttino in modo spietato e feroce le femmine proletarie e le femmine sottoproletarie. Abbiamo dimostrato anche come il femminismo universale sia correlato con una violenta soggettivizzazione tradizionale della femmina che la inchioda al proprio destino biologico e che essere femmine non sia altro che, in realtà, il risultato di un conflitto tra soggettivizzazione e AUTODETERMINAZIONE in quanto femmina. Abbiamo anche visto come le femmine borghesi siano delle NEMICHE della DITTATURA DELLE PROLETARIE poiché in questo conflitto scelgono di AUTODETERMINARSI IN RUOLI PENSATI AB ORIGINE PER I MASCHI BORGHESI CHE ORDISCONO OGNI GIORNO IL SISTEMA DI GERARCHIE PATRIARCALI. Abbiamo anche affrontato altre motivazioni più sottili che dimostrano la profonda divaricazione tra femmine borghesi e femmine proletarie e sottoproletarie, come le prime anche in modi del tutto occulti e subdoli, anche qualora aderiscano entusiasticamente al movimento femminista e ne possano diventare addirittura le leader, esercitino un potere dispotico e brutale sulle seconde. Abbiamo infine provato che NON È LA PROLE che fa la FEMMINA PROLETARIA, che la proletarizzazione riguarda esclusivamente il conflitto per L’AUTODETERMINAZIONE contro la soggettivizzazione tradizionale messa in gioco nel campo di forze dai maschi e dalle femmine borghesi. Infine abbiamo visto come dietro la violenza dei maschi padri-padroni proletari, cani da guardia dell’ORDINE PATRIARCALE, si nasconda l’immensa violenza indiretta dei maschi borghesi e come occorra passare dall’autodifesa contro i primi all’attacco diretto ai secondi, poiché è solo colpendo questi ultimi che SI ABBATTE IL PATRIARCATO TOUT COURT e cesserà con esso anche la violenza psicologica e fisica dei primi. Da queste poche note generali si capirà anche che CHIUNQUE PUO’ DIVENTARE FEMMINA PROLETARIA , UNIRSI ALLA NOSTRA GUERRA DI CLASSE E FAR PARTE DELLA DITTATURA DELLE PROLETARIE.

(i)

Abbiamo argomentato e dimostrato come il femminismo universale sia una grande menzogna e come le femmine borghesi sfruttino in modo spietato e feroce le femmine proletarie e le femmine sottoproletarie. Abbiamo dimostrato anche come il femminismo universale sia correlato con una violenta soggettivizzazione tradizionale della femmina che la inchioda al proprio destino biologico e che essere femmine non sia altro che, in realtà, il risultato di un conflitto tra soggettivizzazione e AUTODETERMINAZIONE in quanto femmina. Abbiamo anche visto come le femmine borghesi siano delle NEMICHE della DITTATURA DELLE PROLETARIE poiché in questo conflitto scelgono di AUTODETERMINARSI IN RUOLI PENSATI AB ORIGINE PER I MASCHI BORGHESI CHE ORDISCONO OGNI GIORNO IL SISTEMA DI GERARCHIE PATRIARCALI. Abbiamo anche affrontato altre motivazioni più sottili che dimostrano la profonda divaricazione tra femmine borghesi e femmine proletarie e sottoproletarie, come le prime anche in modi del tutto occulti e subdoli, anche qualora aderiscano entusiasticamente al movimento femminista e ne possano diventare addirittura le leader, esercitino un potere dispotico e brutale sulle seconde. Abbiamo infine provato che NON È LA PROLE che fa la FEMMINA PROLETARIA, che la proletarizzazione riguarda esclusivamente il conflitto per L’AUTODETERMINAZIONE contro la soggettivizzazione tradizionale messa in gioco nel campo di forze dai maschi e dalle femmine borghesi. Infine abbiamo visto come dietro la violenza dei maschi padri-padroni proletari, cani da guardia dell’ORDINE PATRIARCALE, si nasconda l’immensa violenza indiretta dei maschi borghesi e come occorra passare dall’autodifesa contro i primi all’attacco diretto ai secondi, poiché è solo colpendo questi ultimi che SI ABBATTE IL PATRIARCATO TOUT COURT e cesserà con esso anche la violenza psicologica e fisica dei primi. Da queste poche note generali si capirà anche che CHIUNQUE PUO’ DIVENTARE FEMMINA PROLETARIA , UNIRSI ALLA NOSTRA GUERRA DI CLASSE E FAR PARTE DELLA DITTATURA DELLE PROLETARIE. Cosa vuol dire quel CHIUNQUE? Non è affatto un’apertura ai maschi e alle femmine borghesi, non vogliamo come abbiamo detto “chicchessia” tra i piedi, significa piuttosto che anche maschi proletari che sono stati soggettivizzati alla nascita come biologicamente tali e come padri-padroni in realtà possono AUTODETERMINARSI diversamente, come maschi gay o bisex che sostengano di fatto ed emozionalmente la GUERRA DI CLASSE DELLE FEMMINE PROLETARIE, i maschi che scelgano di AUTODETERMINARSI come etero saranno sempre sospetti finché non dimostrino il LORO SENTIRE AL FEMMINILE. Ma i maschi possono essere essi stessi FEMMINE PROLETARIE, con tutte le diversità singolari che si possono IMMAGINARE in questo campo così delicato, dal semplice sentirsi come tali oppure a un cambiamento formale come il travestimento sentendosi come tali o continuando a sentirsi come maschi non ha alcuna importanza, dalle mille forme del rifiuto dell’identità maschile o dell’identità biologicamente imposta (TRANSGENDERISMO) al transessualismo. Da questa prospettiva la DITTATURA DELLE PROLETARIE respinge gli etero che scelgano di AUTODETERMINARSI come maschi a immagine e somiglianza dei maschi borghesi, anche qualora non si comportino come padri-padroni, che si rifiutino di IMPARARE L’AFFETTIVITA’ AL FEMMINILE, i gay MISOGINI, i bisex padri-padroni con LE FEMMINE PROLETARIE e quindi MISOGINI, e tra le femmine PROLETARIE non solo chi si fa soggettivizzare secondo ideologie naziste, fasciste, populiste, sovraniste, etc. ma anche tra le FEMMINE PROLETARIE LESBICHE le TERF (che consideriamo frutto di un’ideololgia biologica del femminismo lesbico). Riteniamo che anche le mistress, i master, le slave e gli slave, ovvero tutto l’ambiente BDSM possa far parte del movimento FEMMINISTA PROLETARIO, a patto che i master e le slave non solo siano consenzienti e consapevoli come ovvio, ma si AUTODETERMININO COME MASTER emozionalmente con una forte affettività al femminile e COME SLAVE FEMMINE PROLETARIE. A ogni modo tutte queste differenze se declinate secondo L’ORDINE BORGHESE saranno respinte e crudelmente represse con la nostra violenza di autodifesa e di attacco diretto. SARA’ CHIARO ORMAI: GUAI A CHI TOCCA UN* di NOI.

(ii)

Ulteriori considerazioni verranno esposte ora sul rapporto tra DITTATURA DELLE FEMMINE PROLETARIE e MOVIMENTO LGBTQI+, dopo che ci sono stati contestati duramente alcuni punti del nostro breve excursus programmatico. Si tratta di tre brevi critiche che sono state poi articolate in un dialogo serrato tra noi e le esponenti LGBTQI+ con cui abbiamo interloquito: “I punti della nostra critica sono tre, e riteniamo dobbiate aggiustare il vostro programma di conseguenza: il primo punto è che gli uomini trans esistono, il secondo è che a nostro avviso il genere va visto come uno spettro – oppure un’allucinazione multicolore - e che occorra quindi ragionare più seriamente su come affrontare la questione, se ad esempio vedere il genere come performance (sulla stregua di Judith Butler, ad esempio) o come essenza, ed il terzo è che le persone non-binarie vanno incluse nel vostro programma di guerra di classe al patriarcato. La vostra teoria della femminilizzazione, pur condivisibile, potrebbe fossilizzarsi in un’alternativa binaria ‘uomo-donna’, con l’esclusione di chi non rientra nella binarietà sessuale o di genere”.
Alla prima critica rispondiamo che gli uomini trans, non perché fossero femmine considerate biologiche dal patriarcato, abbiano uno statuto privilegiato. Se si percepiscono come maschi e, tuttavia, in un corpo ‘sbagliato’, e hanno il coraggio dell’AUTODETERMINAZIONE di diventare maschi, operati o meno non ha alcuna importanza, noi non ci sentiamo di fare discriminazioni e li tratteremo come maschi a tutti gli effetti. Dunque, riteniamo che una volta che contro la soggettivizzazione che li voleva femmine biologiche si siano AUTODETERMINATI come maschi, sono in quanto AUTODETERMINATI consapevolmente contro l’ordine patriarcale imposto che li discrimina e parte della DITTATURA DELLE PROLETARIE a tutti gli effetti. Se poi come spesso può accadere a tutte le identità di genere riproducono ideologie misogine, naziste, fasciste, populiste e sovraniste, verranno respinti non certo in quanto transessuali maschi, ma per loro ideologia. Inoltre, se la loro transizione va verso l’immagine del maschio borghese, verranno respinti ugualmente, proprio perché sono costitutivamente parte del nostro MOVIMENTO PROLETARIO FEMMINISTA, e lo considereremmo un tradimento delle loro prerogative di genere per andare ad abbracciare il nemico di classe che li discrimina pubblicamente. Abbiamo utilizzato finora il termine “identità”, per definire l’assestamento più o meno stabile di un’individualità nel conflitto continuo tra soggettivizzazione e autodeterminazione, ma non ci sembra sufficiente, ci torneremo altrove. Ad ogni modo riteniamo che considerare tale assestamento più o meno stabile come “essenza” sia completamente errato, in quanto il conflitto contro i processi di soggettivizzazione sotto il patriarcato non hanno mai fine e si tratta di una continua lotta per divenire-sé stessi. Essendo un conflitto e un divenire, non si può parlare per i generi di “essenza”. Inoltre l’essenza sta al genere come il destino biologico sta al sesso, è una trappola teorica fascista che ci condanna nel caso sentissimo il bisogno e scegliessimo di voler divenire ancora un altro genere, una o più volte, nella nostra vita e di autodeterminarci fluidamente e diversamente. Dov’è l’essenza in questo caso? Dov’è la prerogativa assoluta che ci inchioderebbe a un’identità di genere data una volta per sempre? Il fatto che la maggior parte delle individualità SENTA IL BISOGNO e AUTODETERMINI il proprio genere una volta e per sempre non significa affatto che vi sia un’essenza, che il genere sia non solo biologicamente fondato ma misteriosamente fondato su proprietà tanto ASSOLUTE che sembrino provenire in modo ridicolo dal mondo celeste delle divinità stesse. Quanto al genere considerato come perfomance, riteniamo sia molto limitante e un oltraggio al SENTIRSI delle individualità. Considerare il genere come perfomance lo svuota del suo potere e della sua capacità di difendersi dai processi di soggettivizzazione, lo rende un fatto istrionico e puramente esteriore, un “come se”, un eterno rituale del genere, un sistema di prestazioni che non tiene conto delle individualità che soffrono nel conflitto tra soggettivizzazione e autodeterminazione. Non vogliamo semplificare, è certamente difficile spiegare cos’è la transizione, cos’è il genere e cos’è la disforia di genere se uno non vive queste contraddizioni sulla propria pelle. Dire che il genere non è né essenza né perfomance cosa significa? Cosa è allora il genere, siamo solo nel campo delle metafore? Certamente no, anche se le metafore aiutano. Anche molte individualità trans ricorrono a metafore, come quella dell’’”anima femminile/maschile” intrappolata nel corpo “sbagliato”, e cosa c’è di male in questo ricorso alla metafora? Nulla, ma non è ancora sufficiente.
Occorre dire, forse, che la disforia di genere sia una condizione psichica imposta dal capitale e dal patriarcato? Certamente! Ma la disforia di genere esiste a prescindere se sia giusto o meno definirla a questo modo, e non ci permetteremmo di negare gli effetti reali della disforia sulla vita delle persone trans. Certe individualità si sentono a disagio con il proprio corpo, al punto da essere disgustate dai propri genitali “biologici”, e come conseguenza provano il bisogno di passare ad un corpo che meglio corrisponda al proprio genere di appartenenza attraverso una terapia ormonale, anche se tuttavia non tutte le individualità trans provano la disforia di genere: una parte di individualità trans decide di “transizionare”, con ormoni o senza, anche senza sentire la disforia. Molt* trans si sentono non-binar* - anche se per il sistema medico-psichiatrico borghese essere trans sembra essere definito tout court dalla disforia di genere, come appare evidente nel DSM V - ma persino alcune persone trans binarie in realtà non la provano, quindi la disforia di genere non è LA condizione fondamentale che porta ad autodeterminarsi come trans. In questo senso accogliamo queste dure critiche che ci hanno permesso di articolare meglio il nostro discorso: il nemico non è tanto il maschio in sé - a meno che non sia borghese - ma un autodeterminarsi in quanto maschi che abbandonino il SENTIRE AL FEMMINILE, che abbandonino UN’AFFETTIVITA’ AL FEMMINILE per divenire cani da guardia dell’ordine patriarcale. I maschi proletari, la cui autodeterminazione avviene nel conflitto/intersezione tra mascolinità ed eterosessualità cis, possono anche SENTIRSI NEL CORPO GIUSTO, ma assumere ATTEGGIAMENTI MISOGINI ed essere comunque dei padroncini, in questo caso i cisgender che abbiano tali atteggiamenti e difendano di conseguenza l’ordine patriarcale verranno respinti, etero e o gay. Nel nostro programma non tutte le individualità che non sentono il bisogno di fare la transizione, che si sentono a proprio agio con sé stesse, anche se proletarie, possono far parte DITTATURA DELLE PROLETARIE. Dipende molto dall’ideologia e dagli atteggiamenti verso la FEMMINILIZZAZIONE PROLETARIA della vita associata che stiamo portando avanti. Se le loro ideologie saranno nemiche della DITTATURA DELLE PROLETARIE non c’è genere che tenga. Importante sarà TRA DI NOI, inoltre, che l’essere cis non sia strumento per opprimere l* trans. Le persone cisgender, non esistendo alcun destino biologico, possono rappresentare una libera autodeterminazione del genere come le altre: dunque ciò ci mostra che il problema non è tanto il SENTIRSI maschio, come abbiamo già evidenziato, ma il SENTIRSI maschio e allo stesso tempo imitare la violenza fascista del maschio borghese. AUTODETERMINARSI come cis non è dunque un problema nella DITTATURA DELLE PROLETARIE. L’essere trans è difficile da spiegare esaustivamente senza ricorrere all’essenzialismo, per questo piuttosto preferiamo il piano metaforico, pur se non sufficiente. Ad ogni modo solitamente la femminilità è considerata nella società come debolezza, come passività, frivolezza, mancanza di serietà etc. – ed essere considerato un “maschio vero” è quasi come far parte di una chiesa, in cui la teologia sui maschi che SENTONO AL FEMMINILE è una continua speculazione su ciò che è “da gay”. QUESTA TEOLOGIA DEL MASCHIO VERO verrà SPAZZATA VIA DALLA DITTATURA DEL PROLETARIE. TUTTO IL POTERE ALLE FEMMINE PROLETARIE, TUTTO IL POTERE ALLE PROLETARIE LESBICHE E FROCIE, TUTTO IL POTERE AL PROLETARIATO TRANS.

(iii)

Abbiamo fin qui sia spiegato come si formi la soggettività irriducibile della prole sia per quale motivo un’interpretazione dell’identità di genere in quanto “essenza” sia da respingere come fascista e quella in quanto “performance” come offensiva e oltraggiosa. Non abbiamo ancora contribuito con un’interpretazione originale nostra di come si formi l’identità di genere, abbiamo ammesso la necessità di ricorrere a un piano metaforico ma abbiamo anche sostenuto come esso sia del tutto insufficiente. Il piano metaforico “aiuta” a sostenerci nel conflitto tra processi di soggettivizzazione e autodeterminazione, soprattutto laddove vi sia disforia di genere, ma non spiega in alcun modo che cosa sia un’identità di genere e anzi non spiega in alcun modo perché dovremmo abbandonare una volta per tutte la categoria reazionaria, tanto amata dai maschi e dalle femmine borghesi, di “identità”. Occorre andare allora al cuore di cosa sia l’identità e dell’identitario e cercare di evitare a ogni costo che la FEMMINA PROLETARIA costituisca un’identità e che la DITTATURA DELLE PROLETARIE sia fraintesa come un nuovo programma identitario. Senza ricorrere alla vasta letteratura sull’argomento, possiamo immediatamente dire che l’identità vera e propria NON ESISTE, esiste solo un divenire, un flusso, più o meno veloce, più o meno lento, fino a un’inerzia che è solo apparente. Quella che chiamiamo identità è un assestamento più o meno stabile, più o meno provvisorio nel conflitto tra soggettivizzazione e autodeterminazione. Definiamo la soggettivizzazione. Con essa intendiamo da un parte un accerchiamento senza fine e continuo dall’esterno delle individualità attraverso sequenze di istruzioni e suggerimenti impersonali con un loro potere violento di coercizione, seduzione e fascinazione e che le formano, configurano, indirizzano secondo l’ordine di regole e gerarchie del capitale patriarcale, dall’altra un sistema di relazioni sociali che assimila del tutto le individualità al suo interno e in cui ogni altra individualità rappresenta coscientemente o meno, preparata o impreparata i loro direttori di coscienza, con un potere, non meno violento talvolta, più o meno influente, di coercizione, seduzione e fascinazione che le formano, configurano e indirizzano secondo un ordine che può sia riprodurre l’ordine patriarcale che il suo contrario. Nel primo caso abbiamo a che fare quindi con processi di formazione e indirizzo astratti, nel secondo caso con processi di formazione e indirizzo “personificati”. Con questa definizione cerchiamo di superare i limiti del concetto di “habitus” e di “società del controllo”: il primo rimanderebbe a un’orchestrazione della gestione dei generi considerata eccessivamente spontanea e senza responsabili individuabili, la seconda insisterebbe troppo sui processi micro di tale gestione invece che sulla scala personale e della vita quotidiana, su una dialettica poco chiara di potere-resistenza e controllo-fuori controllo che si auto-occulta, che si nasconderebbe nell’invisibilità, non si sa bene dove, in una sorta di panottico diffuso che non è più sostenibile e non esiste in queste modalità, di fatto, più. In entrambi i casi, la soggettivizzazione astratta e quella “personificata” utilizza le più svariate disposizioni sotto forma di comando, minaccia, istigazione seduttiva e corruzione che investono la individualità non sempre con la violenza psicologica vera e propria ma anche con la violenza subdola dell’adescamento della coscienza per limitare, arginare, compromettere le proprie decisioni autodeterminate, tentando di farla recedere, intimidendola e facendola soffrire per aver osato solo una scelta in autonomia. Poiché siamo avvolti in un mondo di merci e del tutto assimilati nella vita associata è qui che dobbiamo trovare il luogo in cui avviene la soggettivizzazione e si manifestano i soggettivizzatori. Abbiamo ampiamente descritto come avvenga il processo violento di soggettivizzazione da parte dei maschi e delle femmine borghesi, indiretto e astratto, attraverso il feticismo delle merci, non dal punto di vista del maschio marxiano ma dal punto di vista delle femmine proletarie e della prole; ora affronteremo brevemente il processo di soggettivizzazione, non meno violento talvolta, che passa per il sistema di relazioni sociali, un sistema incarnato in persone individuabili, da cui siamo assimilati fin dalla nascita, da quelle più vicine a quelle più lontane, solo e soltanto apparentemente astratto in taluni casi. Apparentemente, non essendo astratto si potrebbe pensare che il processo di soggettivizzazione che passa per IA, advertising più o meno esplicito, più o meno obliquo, più o meno subliminale, per i meme che vengono diffusi su supporti come tv, videogiochi, fiction, film, libri, canzoni, immagini, abbigliamento in stili diversificati di vita etc., sui social o attraverso circolazione di opinioni che difendono l’ordine patriarcale, da quelle degli influencer a quelle dell’ultimo degli idioti, dai gruppi di pressione ideologica presenti nella vita associata come organizzazioni internazionali, multinazionali, lobby e gruppi di pressione, partiti, chiese, gruppi politici, équipe di scienziati di ogni disciplina, ONG, cooperative fino al più scalcinato dei circoli arci, etc. sia un sistema di soggettivizzazione “personificato”, cioè realizzato da persone individuabili. Certamente è così, ma non spiega perché ciò procuri una destabilizzazione delle nostre forme di AUTODETERMINAZIONE. Occorre ricorrere a un escamotage teorico, perché solo la critica radicale femminista proletaria disvela il velo di maya dei processi reali opachi che la precedono. Il sistema di relazioni sociali, più o meno vicino, più o meno lontano, non è altro che la società nella sua interezza ed essa in quanto società sfugge continuamente alla presa e comprensione da parte dell’individualità presa isolatamente, semmai questo isolamento fosse possibile, perché la riunione di tutte le individualità che costituiscono la società non sono la società. Tuttavia questa è il risultato autonomizzato di tale riunione puramente ideale che si presenta innanzi all’individualità presa isolatamente come una forza che può fare una pressione ideologica inaudita sulla sua coscienza. Allora solo in questo caso si può parlare successivamente di gruppi organizzati che soggettivizzano la individualità, perché altrimenti tale soggettivizzazione non avrebbe alcuna forza per mettere in crisi le decisioni autodeterminate. Abbiamo superato la fase puramente economica di soggettivizzazione e abbiamo superato anche quella biopolitica. Siamo passati a una fase psicopolitica. E si capirà che solo i collettivi all’interno di un soviet costituiscono un valido riparo e non la individualità presa separatamente, semmai possibile. Parliamo di collettivi e non di comunità perché le comunità vere e proprie sono belle che morte e quelle che restano rappresentano un sistema di vincoli, controllo sociale da presso e normativizzazione da respingere. Ora il secondo passaggio sono le persone che ci sono vicine o che incrociamo quotidianamente nella nostra vita ordinaria. Poiché tendiamo alla forme superate della coppia, della famiglia, della comunità e del vicinato, ovvero a quattro sistemi normativi, controllanti e vincolanti, saranno proprio le persone più vicine ad essere dei direttori di coscienza impreparati e a rappresentare i soggettivizzatori più convincenti, coloro che possono favorire o mettere in crisi L’AUTODETERMINAZIONE. Così come le persone che incrociamo casualmente nella vita ordinaria incarnano la società autonomizzata e in quanto tale una forza di pressione che può essere OSTILE O FAVOREVOLE. Basta una parola, una voce, una presenza, un evento, un accadimento, ostile o favorevole che sia individuabile in una persona. Non parleremo qui del mondo del lavoro e di come la sua strutturazione sia così diversa dalla vita ordinaria e come sia essa stessa un sistema di soggettivizzazione tra i più violenti e costrittivi, perché l’abbiamo già descritto nelle precedenti parti. Dunque il continuo assestamento, più o meno stabile, nel conflitto tra soggettivizzazione e autodeterminazione non produce mai identità. Questa non esiste, esiste un’individualità, una persona individuabile che difficilmente sarà sempre uguale a sé stessa. In questo conflitto esiste solo e solamente un divenire-sé stessi senza fine, fluido e contrastato, pieno di ostacoli o di prese inaspettate che lo favoriscono. DUNQUE QUALSIASI GENERE PRESO IN CONSIDERAZIONE NON E’ UN’IDENTITA’ SE NON A COSTO DI UNA FORZATURA FASCISTA E IDEOLOGICA: L’IDENTITARIO. Una volta abbandonata l’idea che il genere si formi a partire da un destino biologico, da un’essenza, da una performance, vediamo che essa si forma piuttosto in un divenire pieno di insidie ed eventi favorevoli, in un conflitto tra DECISIONE AUTONOMA su se stessi e ciò che vorrebbe continuamente metterla in crisi. Poiché questa crisi c’è ed è vissuta con sofferenza, la forza insuperabile, irriducibile e senza possibilità di essere abbattuta non è che il DESIDERIO, IL PIACERE E IL GODIMENTO, non solo dei corpi ma soprattutto della psiche, individuale e collettiva. Non mettiamo in discussione che non tutti i generi possano essere fluidi, ciò che diciamo è che tutti i generi sono in constante tensione e che ciò che viene chiamata identità è un fragile territorio continuamente minacciato, moltiplicato, messo in dubbio, contrastato. Per questo chi difende l’identità è costretto a reprimersi ed è quello che più paga in termini di mancanza di desiderio, piacere e godimento. TUTTE LE IDEOLOGIE MISOGINE, OMOFOBE, RAZZISTE, NAZISTE; FASCISTE, POPULISTE, SOVRANISTE SONO IDEOLOGIE DELL’IDENTITARIO. SONO TUTTE IDEOLOGIE DEGLI “UOMINI VERI”, IL PIU’ TRISTE GENERE MAI ESISTITO, QUELLO CHE PASSA LA VITA A DISTRUGGERE L’ALTERITA’ DA SE’ POICHE’ GLI RICORDA CONTINUAMENTE DI NON ESISTERE DAVVERO. COSI’ COME LA FEMMINA VERA non è che una costruzione borghese e patriarcale e va respinta nel senso dei precedenti due paragrafi. LA FEMMINA SI PUO’ ESPRIMERE IN MODI INIMMAGINABILI, FINO AL MASCHILE. CHE I MASCHI PARTE DELLA DITTATURA DELLE PROLETARIE SI ESPRIMANO AL FEMMINILE il più spesso possibile così da non aver paura dei possibili ostacoli che questa attitudine può provocare per imparare a scorgere gli eventi a noi favorevoli. CONTRO L’IDENTITA TUTTO IL POTERE AI SOVIET DELE FEMMINE PROLETARIE! CONTRO GLI IDENTITARI: DITTATURA DELLE PROLETARIE!!!