CAPITOLO II

QUAL È IL LUOGO DELL’ASTROLOGIA NEL PENSIERO MAGICO?

La soluzione non risiede nella ricerca di una magia nuova, generatrice di una speranza rinnovata, né in quella di un “uomo nascosto” negli stessi termini in cui è stato cercato un dio nascosto, né in quella di divenire dio.

Jacques Camatte, Il disvelamento.

Cumont afferma che “astrologia e magia sono sorelle gemelle e non è sempre facile separare quel che pertiene all’una o all’altra”. Quindi, fino al XIX secolo non le si assimilava e vediamo il perché. L’astrologia è la prima forma di pensiero magico che si affranca dalle sue leggi più primitive. Il principio di “simpatia” e “antipatia” non scompare ma esso è ora il prodotto di un’evoluzione della magia in cui le tre leggi contiguità-similarità-opposizione diventano più raffinate e articolate. Queste leggi cadono sotto il dominio delle “influenze” e gli “influssi”, senza considerare per forza di cose una sorta di etere che fa toccare tutto con tutto (sarà solo con gli Stoici che si anniderà nell’astrologia questa idea), la presenza di spiriti o demoni messaggeri, del divino o una forma rozza di meteorologia cosmica. Le tre leggi si subordinano a un determinismo radicale degli astri che deriva direttamente dalla tecniche pratiche e da alcune ingenuità sui nessi di causa-effetto che pertengono loro. Un determinismo che pretende di pronosticare con assoluta precisione eventi fausti o infausti, fatti e avvenimenti futuri. Se la contiguità non appartiene più alla dimensione del “contagio”, ma a quella “pratica” dell’“effetto”, “il simile con il simile scaccia il contrario” o “il contrario scaccia il contrario” diventano strategie “pratiche” nelle osservazioni delle “posizioni” e delle “combinazioni” stesse degli astri. Rituali o cerimonie pubblici con tanto di sacrifici si riducono alle forme più rozze di astrologia dove si invoca la benevolenza delle divinità astrali per condizionarle e farle recedere da un pronostico negativo. 

Quando alcuni insiemi di tecniche pratiche si evolvono in saperi esperti pratici anche alcune tecniche magiche seguono lo stesso sviluppo. Ovvero passano, in parte, dall’analogia alla simulazione dell’empirismo e del sapere esperto pratico. Nello spazio diurno i saperi esperti pratici non si affidano più a insiemi di tecniche pratiche primitive. Esempio di sapere esperto pratico per orientarsi nello spazio, pensato come sistema complesso di orientamento sono le ley line e i suoi punti segnaletici, le quali, contrariamente alla vulgata comune, non hanno nulla di magico, ma rappresentano uno dei primi sistemi geografici in assoluto per tracciare, dividere e rendere intellegibile il territorio rigorosamente. Nello spazio notturno invece, in terra o in mare, le tecniche pratiche si sono affinate in saperi esperti pratici producendo una classificazione degli astri: la luna, i pianeti erranti e le stelle vengono ripartiti, ordinati, raggruppati per orientarsi. Si tratta di una geografia della notte nella quale le prime osservazioni della volta celeste sono di tipo astronomico e non astrologico. Queste combinazioni di astri in insiemi compiuti non hanno nulla di simbolico ma immediatamente un senso concreto, i cui nomi sono assegnati per somiglianza e familiarità non esistendo forme poligonali che potessero adattarvisi. Tali nomi non implicavano ancora nessuna forma di divinazione magica.

Come per le ley line e i suoi punti segnaletici che vennero appropriate anche dai saperi esperti magici per fini laterali o diversi a quelli dall’orientamento geografico (geomanzia, rabdomanzia, Feng Shui, etc.), così anche le prime forme rudimentali di geografia dello spazio notturno vennero appropriate per finalità completamente diverse dai saperi esperti magici. Le prime forme di astrologia, l’astromantica, hanno preso vita in Oriente tra gli Assiro-babilonesi e, forse, prima ancora tra i Sumeri. Abbiamo le prime fonti in assiro-babilonese di questo sapere esperto magico in tavole di argilla che contengono centocinquanta righe ciascuna circa quasi sempre divise in due colonne (migliaia di tavole e frammenti in scrittura cuneiforme). Questa tavole riportavano osservazioni astrali con finalità divinatorie. Le divinazioni erano di questo tipo: “Se al 14° giorno del mese Luna e Sole sono in opposizione, il re avrà un grosso orecchio”, oppure, in forme più raffinate: “Se al 14° Sivan [maggio-giugno], la luna è offuscata e soffia il 4° vento [quello dell’est], regneranno […] ostilità; ci saranno morti”. Le tavole contenevano osservazioni sulla Luna, sul Sole, sulle notti buie, sulle condizioni metereologiche, sui pianeti Marte, Venere, Giove e Saturno (su Mercurio non si è trovato quasi nulla, tranne un’inscrizione esegetica paleo-babilonese che fa pensare che in questa fase arcaica l’astromantica si basasse soltanto sulla Luna, il Sole, i cinque pianeti erranti e le costellazioni allora conosciute).

La spedizione di Bonaparte in Egitto portò alla scoperta nei templi della vale del Nilo (Esna e Dendera) di rappresentazioni zodiacali in bassorilievi che vennero inizialmente fatte risalire a un’antichità straordinaria: 15000 0 17000 anni a.C.  Dopo il loro trasporto al Louvre, furono considerate per molto tempo il monumento più incredibile dell’astronomia antica finché Antoine Jean Letronne in una disputa con Jean-Baptiste Biot sulla reale datazione ne dimostrò sia il carattere astrologico e non astronomico e la datazione tarda: l‘epoca era romana. Letronne scrisse su questi zodiaci egizi: “Anziché celare, come si era auspicato, il segreto di una scienza giunta a perfezione ben prima del diluvio, essi non sono che l’espressione di assurde fantasticherie e la prova vivente di una delle debolezze che più hanno screditato l’intelligenza umana”.

L’origine dell’astrologia non è dunque egiziana come per lungo tempo si è creduto, nell’Egitto dei Faraoni era del tutto sconosciuta, fu introdotta sotto la dominazione persiana e, sotto i Tolomei era stata ormai completamente recepita. I sacerdoti egizi, i più reazionari di tutti, vi si applicarono con tanta sagacia e vi fecero prendere uno sviluppo tanto originale da attribuirsene l’invenzione e questa è una delle ragioni per cui molti ritengono ancora oggi l’astrologia qualcosa di “egizio”. Effettivamente gli egizi ebbero una grande influenza attraverso gli apocrifi del re Nechepso e del suo confidente, il sacerdote Petosiride, apparsi in greco nel II a.C., ma retrodatati di secoli, in cui si pretendeva di codificare una volta per sempre le leggi di questa divinazione astrale di origine assiro-babilonese.

Se si guarda al tipo di divinazione degli assiro-babilonesi: predire i venti e le tempeste, le piogge e le inondazioni (quindi lo stato della fauna marina, il numero di pesci e delle loro uova), predire i raccolti (se questi fossero buoni, se i magazzini fossero pieni di cereali); predire siccità e carestie, invasioni di cavallette che rovinano la vegetazione o di leoni, leopardi e cinghiali che minacciano la vita umana, predire epidemie causate dalla penuria di derrate alimentari, guerre (da dichiarare o avanzate dai nemici), l’esito di queste, predire guerre civili, sommosse, rivoluzioni dal basso o di palazzo e cambiamenti di regno, si noterà come la lettura degli astri è tutta rivolta a problemi terreni e concreti, la cui incertezza e precarietà è tale da non poter essere risolta immediatamente con i saperi esperti pratici e che richiedono misure preventive e precauzionali. Conoscere il futuro era, dunque, una delle modalità per poter prendere delle scelte politiche e gestire le prime forme di Stato. L’astrologia delle origini, l’astromantica, nasce come una magia evoluta al servizio del potere statuale.

Di questi antichi astrologi assiro-babilonesi non ci sono arrivati i nomi probabilmente perché i greci per lungo tempo li dileggiarono, considerando l’astromantica una superstizione barbara, si sono conservati invece alcuni nomi di astronomi e astrologi di età tardo-babilonese. L’astromante come il mago di una volta sa e non sa di simulare allo stesso tempo, lo dimostra il fatto che contraddice spesso uno stesso pronostico, se esso è negativo, se predice sciagura a un signore o a un re è pronto a sfuggire alla vendetta sostituendo immediatamente l’interpretazione degli astri o rendendola cavillosa, mescolando astromanzia, geomanzia e interpretazione dei sogni, per ottenere il risultato voluto dal potere statuale, comportandosi come un vero e proprio stregone. Di fatto, gli astromanti predicevano ciò che era più convenente al potere e quando si impuntavano per non contraddirsi con pronostici negativi che prendevano le mosse da condizioni e configurazioni astrali identiche precedenti, erano costretti a fare marcia indietro e non solo per salvarsi la vita ma anche per preservare il proprio prestigio di maghi. Certo il passo dall’astromanzia all’astrologia e ai segni zodiacali fu breve, mondanizzò questo sapere esperto magico e lo rese allo stesso tempo invincibile. Quando non solo i dotti, i signori e i re ricorrevano all’astrologia ma anche il proletariato, la possibilità di sommosse e rivoluzioni contro lo Stato divenne sempre più difficile. L’astrologia dunque non nasce come sapere ingenuo ma come sapere-potere magico e superstizioso della classe dominante e solo successivamente come credenza a portata delle classi lavoratrici.

La penetrazione dell’astrologia nell’Antica Grecia razionalista è il momento di cedimento storico dei saperi esperti pratici per eccellenza che le ha permesso di arrivare fino a noi attraverso un continuo doppiogiochismo con tutti i poteri con cui è venuto in contatto, fossero barbari, classici, pagani, cristiani, atei, empiristi o, addirittura, ribelli o rivoluzionari. Per lungo tempo non fu così, come scrive Boll: “l’astrologia in quanto tale non esercitò alcuna influenza sui costumi e la vita del popolo greco prima di Alessandro Magno; la forma mentis razionale di questo popolo della scienza non aveva difficoltà a respingere il chiarore solennemente crepuscolare della dottrina dei sacerdoti d’Oriente”. Anche per Cumont le cose stanno a questo modo: “Prima di Alessandro, la Grecia restò quasi impenetrabile alle religioni orientali e respinse l’astrologia; lo zodiaco rimase un sistema scientifico, confinato nella scuola, ma del quale il pubblico s’interessava poco”. Quando Alessandro Magno invade l’Oriente le superstizioni caldee prendono a retroagire, corrompendo l’aristocrazia greca, Boll afferma: “ha così inizio la fatale evoluzione che finirà per distruggere il carattere peculiare delle ‘Grecità’: gradatamente questa si allontana dal Logos, per abbracciare la Gnosis, la conoscenza mediante la visione, l’estasi e la rivelazione”.

Nelle scuole greche come ci ricorda Cumont già se ne trova traccia. Nel VI sec a.C. è considerato Anassimandro il primo ad aver tracciato sulla sfera il cerchio obliquo dello zodiaco sul quale Tenedo avrebbe riportato i segni, in particolare dell’Ariete e del Sagittario. Altri sostengono che sia stata un’invenzione di Enopide di Chio nel V secolo. In entrambi i casi si è introdotto nella scienza greca figure derivate direttamente o indirettamente dall’astrologia babilonese. La più antica descrizione astrologica si trova nei “Fenomeni” di Arato (270 a.c. circa), ma tutti gli astronomi prima di lui se ne erano probabilmente occupati a dimostrazione che il sapere esperto magico aveva retroagito sul sapere esperto pratico laddove si trovava in situazione d’impotenza. I segni zodiacali erano 11 e non 12, mancava la bilancia, che fu introdotta solo nel I sec. a. C. e se ne fece il segno dell’equinozio di autunno, nel quale giorno e notte sono in equilibrio.

Tuttavia è nell’epoca ellenistica che la diffusione fu tale, soprattutto tra le classi dominanti, tanto che Demetrio Poliorcete all’inizio del III secolo si fece confezionare un abito da re orientale, intessuto di fili d’oro che componevano un cielo stellato con i dodici segni zodiacali, segnalando così di essere il re del mondo. Una eco di questi atteggiamenti delle classi dominanti le ritroveremo anche nel periodo dell’interdizione dell’astrologia nel Medioevo, prima del dodicesimo secolo. Per fare altri esempi della diffusione e dell’importanza dell’astrologia nel mondo greco in epoca romana sono le monete di Tracia e dell’Asia Minore nelle quali sono raffigurate un cerchio dello zodiaco con al centro Zeus. Ad ogni modo non si è conservata alcuna immagine astrologica anteriore all’epoca romana.

Come tra gli Assiro-Babilonesi anche la penetrazione dell’astrologia in Grecia si trasmette dapprima tra le classi dominanti che non tra il proletariato greco. Le prime dispute anti-astrologiche risalgono al II secolo a.C. e sembrò per un momento che grazie a Carneade e alle sue confutazioni dialettiche e materialiste inoppugnabili che l’astrologia stesse per essere respinta dalla Grecia. Delle argomentazioni alla base della confutazione dell’astrologia ne abbiamo notizie dal “De Divinatione” di Cicerone. Cicerone scrive: “ragionando così, si riduce a nulla l’influsso dei semi generativi, che ha un’importanza decisiva nel concepimento e nella procreazione, è forse un errore di poco conto? Chi, infatti non vede che i figli ritraggono dai genitori la complessione fisica, il carattere, tanti modi di atteggiarsi da fermi e di muoversi? Ciò non accadrebbe se queste caratteristiche non provenissero dall’influsso e dall’efficacia dei generanti, ma dal potere della luna e dalla composizione del cielo”. Oppure: “E il fatto che i nati nell’identico istante hanno caratteri e vicende della vita dissimili, è forse una prova di poco conto a favore della tesi che il tempo della nascita non c’entra nulla con lo svolgimento successivo della vita?”.

La critica radicale di Carneade non prende in considerazione l’astrologia nella sua interezza ma esclusivamente l’oroscopo, prima di lui Eucnosso di Cnido (circa 391-338), Diogene Laerzio, Anchìalo, Cassandro, forse Censorino, Sciliace di Alicarnasso, quasi tutti sconosciuti tranne Diogene che fece il doppiogioco. Come dice Cicerone: “Diogene concede qualcosa, cioè che sappiano predire soltanto quale carattere avrà il singolo nato e quale attività sarà particolarmente idoneo; nega, invece, che si possa in alcun modo sapere tutto il resto che essi pretendono di determinare”, egli secondo l’oratore romano fa questa concessione “per una specie di accordo sottobanco”. E’ comunque di Diogene la “confutazione a partire dai gemelli” che verrà usata anche dai romani, dai Padri della chiesa fino ai razionalisti e agli empiristi di oggi con il rasoio di Ockham in mano: “Procle ed Euristene, entrambi re di Sparta, furono fratelli gemelli; ma non vissero lo stesso numero di anni (Procle morì un anno prima di suo fratello) e Procle fu molto superiore al fratello per gloria delle imprese compiute”. Diogene fu un doppiogiochista, colpevole di una prevaricatio, che in linguaggio giuridico significa la collusione di un avvocato con la parte avversa (in questo caso i Caldei che avrebbe dovuto confutare del tutto come imponeva la sua professione). Carneade radicalizzerà tutte le argomentazioni anti-astrologiche lasciando un segno indelebile nella disputa e secondo Boll se non fosse stato per gli stoici che concessero tutto all’astrologia essa non sarebbe mai penetrata in Grecia.

E’ chiaro che fossero i tradizionalisti ad opporsi alla compenetrazione di Logos e Gnosis, come è altrettanto chiaro che fossero le classi dominanti illuminate interessate a far penetrare le superstizioni dei sacerdoti Caldei. Si trattò di uno scontro tra le classi dominanti decadenti e quelle in ascesa e lo dimostra il fatto che più che confutare l’astrologia in generale ci si preoccupasse di essere a favore o contro l’oroscopo che era la forma con cui l’astrologia poteva penetrare tutti gli strati sociali e produrre un cambiamento epocale nei poteri statuali greci. Nel periodo dell’ellenismo il dado è tratto, la cultura Caldea vince su quella Greca, Logos e Gnosis si confondono e qui vi è l’origine della potenza e della persistenza dell’astrologia come insieme di saperi esperti magici e dell’apparente impossibilità di sradicarla non solo dalla vita associata contemporanea ma anche dai movimenti antagonisti contemporanei. Nell’ellenismo il potere non poteva più assicurarsi la pace sociale attraverso il capriccio degli dèi, occorreva qualcosa di diverso, qualcosa come un determinismo radicale che portasse tutti ad accettare il proprio destino con rassegnazione e quello degli astri sembrava perfetto a questo scopo. Come scrive Saxl: “Il Giove ellenistico-romano non è più libero di agire come lo Zeus Olimpio; il suo corso nel cielo è immutabile e, benché sia un essere animato il cui volere può essere buono o cattivo, la sua libertà d’azione è limitata dal potere delle altre divinità astrali, esseri animati come lui e in grado di influenzarlo”. A quel punto trovare astrologi che facevano oroscopi per qualche spicciolo accanto a coloro che interpretavano i sogni (gli antenati degli psicanalisti) per le strade e le piazze delle città greche prima e romane dopo (soprattutto al Circo Massimo) divenne abituale.   

I romani adottarono l’astrologia recependola dai dotti alessandrini. Verso la fine della Repubblica Nigidio Figulo componeva due libri “Sphaera Graecanica” assieme a un altro che sarà decisivo per comprendere le influenze dell’astrologia orientale su quella occidentale nel tardo medioevo e nel rinascimento: “Sphaera Barbarica”. Con l’inizio dell’Impero l’astrologia e i culti orientali si diffondono a tal punto che le rappresentazioni in Italia e nelle Province sono ovunque: nei bassorilievi, nei mosaici, nelle monete, nelle pietre incise, nei gioielli. Gli imperatori erano soliti far coniare le monete con il proprio segno zodiacale e questo veniva utilizzato anche come emblema delle proprie legioni (Augusto il capricorno, Tiberio lo scorpione, etc.).

Il “Contro gli astrologi” dello scettico Sesto Empirico è la migliore testimonianza che abbiamo delle argomentazioni anti-astrologiche che si portarono avanti fino alle dispute teologiche dei Padri della Chiesa. Fino a quel momento il Cristianesimo non fu del tutto impermeabile all’astrologia, benché fosse contraria alla sua attitudine più superficiale. L’astrologia fu condannata dalla Chiesa. Essa abolì il culto delle dodici costellazioni, mettendo al bando la divinazione magica. Eppure l’astrologia non scomparve del tutto ed ebbe un ruolo addirittura nella redazione dell’Apocalisse, gli gnostici gli riservarono ampio spazio nelle loro speculazioni e dopo di loro sugli adepti del manicheismo pesarono sospetti di un’adorazione da idolatri per gli astri. I fedeli stessi non sfuggivano a questa fascinazione. Nei loculi delle catacombe si sono rinvenuti braccialetti o altri manufatti (come gli amuleti) con disegni delle dodici costellazioni appartenuti a cristiani e cristiane non per forza di cose delle sette gnostiche o eretiche. Furono soprattutto i cristiani di discendenza ebraica a osteggiare l’astrologia con veemenza critica.

Il primo imperatore cristiano credeva nella potenza delle stelle e nella basilica di Santa Sofia vi sono le statue dei dodici segni e sulle monete che fece coniare si fece rappresentare come l’unico signore del mondo coronato dalla Vittoria mentre regge nella mano destra l’anello zodiacale. Le dottrine astrali sopravvissero lungamente in piccole cerchie di adepti al trionfo della Chiesa nonostante Saxl sostenga che per un millennio essa scomparve dall’occidente cristiano. Per lo storico dell’arte austriaco per mille anni non vi sarà astrologia in Europa. Eppure elementi astrali come la stella dei Magi, la Vergine sulla Luna crescente e altre figure di origine astrologica si sono infiltrati nel Vangelo e nell’Apocalisse, elementi che stanno a dimostrare la sua potenza intrusiva al tempo dell’ascesa del Cristianesimo. Anche il mantello dell’imperatore Enrico II riportava ricami che rappresentavano costellazioni, questa circostanza non ha carattere direttamente astrologico, ma è certamente una sopravvivenza inconsapevole del paganesimo astrologico ellenistico di epoca romana. Con tale mantello Enrico II all’atto dell’incoronazione si affermava re del firmamento e questo era l’emblema del suo potere. Tuttavia Tertulliano e Sant’Agostino furono radicalmente avversari dell’astrologia e la loro posizione dominò davvero incontrastata per secoli.  

L’unico modo per rovesciare il mondo realmente rovesciato e distinguere il vero dal falso non è lo scientismo con il suo metodo empirico o il razionalismo illuminista, ma le argomentazioni e le azioni dialettiche: occorre rigettare quel mostro a due teste che è l’astrologia contemporanea, Logos e Gnosis assieme, scienza e pensiero magico uniti per confonderci idee e ragion pratica. Astrologia che non ha radici così antiche come si giustificavano i Caldei: 490.000 0 720.000 anni di tradizione ininterrotta, ma soprattutto nella conquista della Grecità. Poiché è solo liberando le nostre emozioni dal pensiero magico che avremo l’opportunità di vincere contro il nuovo capitale. Finché esso ci terrà in ostaggio la vita emozionale con il pensiero magico e con la sua forma più insidiosa, l’astrologia, saremo desinati a restare dispersi, eterodiretti e nell’impossibilità di preparare le nostre offensive rivoluzionarie. Favorino sosteneva che se l’astrologia fosse stata vera per le donne e gli uomini essa si sarebbe dovuta applicare anche alle bestie: nei movimenti antagonisti non ci siamo fatti mancare neppure gli oroscopi per cani e gatti. Ciò che ci occorre è una mossa dell’astuzia della ragione, che al contrario di quanto ritengono i razionalisti, non implica repressione delle nostre inclinazioni più profonde ma anzi una loro liberazione.    

Associazione Psicogeografica Romana