Il paesaggio in frammenti: i rilievi-scultura di nito contreras
L'8 Luglio 2010 si è inaugurata al Centro Cultural da Deputación de Ourense (Galicia) la mostra di Nito Contreras dal titolo "A Paisaxe en fragmentos". Ospitiamo nella gallery le fotografie di Santiago Barreiros di alcuni dei suoi rilievi-sculture. La metodologia di Contreras scompone il paesaggio in singolarità liberamente ri-assemblabili, restituendone l'esperienza elementare e "primitiva". Qui troverete, inoltre, la lettera del critico Luca Arnaudo all'artista pubblicata nel catalogo, per la prima volta in italiano.
UNA LETTERA DA BUENOS AIRES
Luca Arnaudo
Bar El Federal, Barrio de San Telmo
7 maggio 2010
Caro Nito,
ho saputo da Daniele della tua prossima mostra in Galizia, e sono felice per te: avrei voluto mandarti uno scritto critico per l’occasione ma, come vedi, il risultato ha finito per essere una lettera, improvvisa e breve. Il fatto è che, dopo aver tanto camminato, cucinato, bevuto e discusso d’arte insieme, semplicemente non so più esercitare una critica fredda e tantomeno distaccata nei tuoi confronti; posso solo pensarti come amico, e in questa condizione dunque ti scrivo. Del resto, a dover avviare un motore primo di riflessione, la tua arte si forma in un rapporto espansivo col tempo, tende a entrare in una risonanza profonda con lo spazio che mal si adatta alle ristrettezze del pensiero critico e alle sue luci troppo dirette. Concentrate nella definizione di forme necessarie, le tue sculture non richiedono voci intorno (perché, dunque, aggiungerne un’altra formale alla serie?) ma si apprezzano meglio nella quiete, quando la possibilità di una presenza si stabilisce definitivamente nella materia organizzata da progetto e improvvisazione, e in tale realizzazione chiudono felicemente il cerchio delle infinite possibilità materiali – ricordo, al proposito, una risposta che diede il tuo amato Jorge de Oteyza a chi gli chiedeva ragione delle sue sculture: “son investigaciones muy fuera de cualquier idea representativa y exclusivamente tendentes a proporcionar una normativa de las posibilidades aprehensibles en la limitación del espacio ilimitable”. A proposito di possibilità, spesso mi sono chiesto cosa succederebbe quando una tua stele, un nemeton, un rilievo fossero abbandonati in aperta campagna o in un bosco, e lì lasciati ad acquisire l’aura consunta degli elementi. Immagino l’indecisione dell’eventuale scopritore nello stabilirne una datazione precisa, la difficoltà a distinguere l’arcaico dal moderno, la fabbrica dall’organismo, la rappresentazione dalla presenza. Quanto a me, riconosco in tali opere – perché conosco te – la tua mano, ma al tempo stesso vi riscontro una naturalezza riconquistata alla cultura che le rende parte dell’ambiente, uno svolgimento pienamente riuscito dello stesso. E’, questa, una qualità rara, propria di un’arte che sa sciogliere la monumentalità solitamente assegnata come caratteristica propria della scultura in qualcosa di diverso e (più ancora che preistorico) a-storico: una presenza compiuta, appunto, istante privilegiato di persistenza della materia entro una forma che le corrisponde e la fa partecipe organica di quanto la circonda.
Mi fermo, rileggo quanto scritto fino a qui e prendo atto di come, nonostante le promesse iniziali, mi risulti difficile liberarmi completamente degli usi della critica d’arte. Risolvo dunque di tacere e lasciare la conclusione a una riflessione luminosa, alle soglie della mistica, tratta dai Claros del Bosque di Maria Zambrano (si riferisce, infatti, a un metodo e una coscienza che credo sinceramente appartengano alla tua opera, e che non vedo l’ora di ritrovare al nostro prossimo incontro). ”Sorge ogni metodo da un’istante glorioso di lucidità che sta più in là della coscienza e che la inonda. Così essa, la coscienza, esce da tale istante vivificata, rischiarata, davvero fecondata”.
Un abbraccio, e a presto
Luca Arnaudo